qui.enter atlas

simposio internaziknela di curatori emergenti

26, 27,28 ottobre 2013
GAMeC galleria d’arte moderna e contemporane, bergamo

premio lorenzo bonaldi per l’arte - enterprize


Since 2003, with the establishment of the Lorenzo Bonaldi Award for Art -EnterPrize, and later with the birth of Qui. Enter Atlas – International Symposium of Emerging Curators, the GAMeC -Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo pursues its cultural policy focused on youth, with a special attention to the curatorial world. 
The Museum wants to highlight the centrality and significance of the curator, not only on the international art scene, but also in the broader context of contemporary cultural practices. For this reason, from the 26th to 28th October GAMeC will act as a meeting place for young curators from around the world with the fifth edition of Qui. Enter Atlas -International Symposium of Emerging Curators. 
The gathering will come to a close on Monday 28th October with the Award Ceremony of the winner project of the seventh edition of Lorenzo Bonaldi Award for Art EnterPrize.

QUI.ENTER ATLAS
INTERNATIONAL SYMPOSIUM OF EMERGING CURATORS
5th Edition 


Led by Pierre Bal-Blanc and Mirjam Varadinis 
Curated by Giacinto Di Pietrantonio and Stefano Raimondi 

Panelists
Antonia Alampi Curator and Writer, Beirut, Cairo 
Andrew Berardini Writer and Curator, Los Angeles 
Alessandro Castiglioni Cultural researcher; Museo MAGA, Gallarate; Little Constellation, San Marino 
Michele D’Aurizio Founder, Gasconade, Milan 
Lara Khaldi Curator, Ramallah / Amsterdam 
Sam Korman Assistant Director, White Flag Projects, St. Louis 
Isla Leaver-Yap Independent organizer of projects and publications, Glasgow 
Niekolaas Johannes Lekkerkerk Curator, The Office for Curating, Rotterdam 
Theodor Ringborg Curator, Stockholm / Istanbul 


The fifth edition of Qui. Enter Atlas - International Symposium of Emerging Curators involves emerging curators and two leading professionals on the contemporary art scene: Pierre Bal-Blanc – Director, CAC -Centre d’art contemporain de Brétigny, Brétigny and Mirjam Varadinis – Curator, Kunsthaus Zürich, Zurich. 
The Symposium is an event offering a moment for discussion and comparison designed to accompany the competition resulting in the Lorenzo Bonaldi Award for Art – EnterPrize and, for the 2013 edition, 4 curators under 35 and the 5 candidates for the Bonaldi Award -from Europe, Middle East, Africa and United States -will compare their personal experiences and theoretical and methodological positions during a three-days debate, with the precise goal to offer this emerging generation of professionals an opportunity for exchange and meeting. 
9 young curators -who work at public institutions, non-profit spaces or as independent curators -will be led by Pierre Bal-Blanc and Mirjam Varadinis, supported by Giacinto Di Pietrantonio and Stefano Raimondi, curators of the symposium. 
This will be the seventh edition of the Lorenzo Bonaldi Award for Art – EnterPrize which has become a biannual event since 2005. The goal of this award, unique in its genre, is to support the research of a young curator who is under thirty years old and his or her exhibition project. 
Created in the memory of Lorenzo Bonaldi, collector and art lover, this recognition is intended to highlight the centrality and significance of the curator on the international art scene, in addition to encouraging and supporting the talent of a young person at a particularly vital moment in his or her career. 
The rules for the award include participation by invitation only: competitors must be presented by an advisor/mentor -artists, critics, curators, museum directors, collectors, representatives of courses and schools for curatorial training and editors in the sector from around the world -who for a single edition select one candidate. Each candidate presents a project for an all-new exhibition, conceived around an assigned exhibition space and budget. 

The curators under 30 in the competition and the advisors who have selected them: 
Andrew Berardini Writer and Curator, Los Angeles 
Nominated by Philipp Kaiser, Director, Museum Ludwig, Cologne 
Lara Khaldi Curator, Ramallah / Amsterdam 
Nominated by Christine Tohme, Director, The Lebanese Association for Plastic Arts, Ashkal Alwan, Beirut 
Sam Korman Assistant Director, White Flag Projects, St. Louis 
Nominated by: Dominic Molon, Chief Curator, Contemporary Art Museum, St. Louis 
Isla Leaver-Yap Independent organizer of projects and publications, Glasgow 
Nominated by: Edoardo Bonaspetti, Editor in Chief, Mousse Magazine, Milan 
Theodor Ringborg Curator, Stockholm / Istanbul 
Nominated by: Mats Stjernstedt, Director, Kunstnernes Hus, Oslo 

At the end of the symposium, on Monday, 28th October, Pierre Bal-Blanc, Mirjam Varadinis and Giacinto Di Pietrantonio will award the Prize to the project recognized as the most innovative. The evaluation takes into consideration the many different points of view: critical, theoretical, contents as well as practical and economic.
The winning project will be hosted at GAMeC in 2014. 



The detailed program of the symposium and the biographies of curators and jury members are
available on the website www.gamec.it.

GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo

Via San Tomaso, 53 -24121 Bergamo
Tel +39 035 270272 / Fax +39 035 236962
www.gamec.it




3 domande per conoscere i curatori

Niekolaas Johannes Lekkerkerk
ATP: Partiamo dall’inizio: chi sei? Come sei diventato curatore? Chi sono i tuoi modelli?
Niekolaas Johannes Lekkerkerk: Vorrei iniziare dicendo che sono Niekolaas Johannes Lekkerkerk, lavoro come curatore e scrittore. La mia formazione è in storia dell’arte: ho studiato presso la Utrecht University dal 2007 al 2010, seguita da un corso di curatela a Londra (2010-2012), tenuto congiuntamente dalla London Metropolitan University e dalla Whitechapel Gallery. In quest’ultimo periodo ho lavorato anche per la David Roberts Art Foundation. Nel settembre 2012 ho fondato il The Office for Curating, progetto attualmente in corso, di base a Rotterdam. The Office mi ha permesso di dedicarmi e contribuire a vari campi d’interesse, tra mostre, pubblicazioni e conferenze; ma piuttosto che un mio riassunto, vorrei suggerirti di dare un’occhiata al seguente sito: www.theofficeforcurating.com. I miei modelli preferiti in assoluto sono: Enrique Vila Matas, Jean – Luc Godard, Hergé, Felix Gonzalez-Torres, in questo preciso ordine.
ATP: Quale immagine meglio rappresenta il tuo essere curatore? Perché?
N.J.L.: Bruce McLean, Posa di lavoro per plinti 3, 1971, oppure: Bruno Munari, cercando conforto in una sedia scomoda, ca. 1950. Oppure: … E così via…

BRUNO MUNARI, ‘SEEKING COMFORT IN AN UNCOMFORTABLE ARMCHAIR’, CA. 1950
ATP: Mi racconti l’ultima mostra che hai visto. Qual è la tua opinione in merito?
N.J.L.: Suggerirei di guardare questo progetto espositivo: Dora García, The Joyce Society su www.spaziopunch.com

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Isla Leaver-Yap
ATP: Partiamo dall’inizio: chi sei? Come sei diventato curatore? Chi sono i tuoi modelli?
Isla Leaver-Yap: Sono Isla Leaver-Yap. Sono un’organizzatrice di progetti che di recente si è trasferita da Brooklyn, New York a Glasgow, nel Regno Unito. Non so se mi posso definire interamente una curatrice, anche se certamente ho mantenuto questo appellativo nella mia vita lavorativa (l’ho usato lavorando al BALTIC di Gateshead e all’ICA di Londra). Non ho avuto alcuna formazione curatoriale per esempio, eppure io lavoro con artisti e istituzioni. Tutti i miei progetti coinvolgono un artista e la produzione di un lavoro che possa stare di fronte al pubblico sia questo una performance, un testo, del materiale stampato o un’esibizione. A volte, questo è semplicemente una conversazione, altre volte lavoro in una posizione più inserita all’interno di un’istituzione per mettere in scena progetti più duraturi, come la serie di mostre Short Stories a SculptureCenter a New York, o il recente Artists Moving Image Festival al Tramway, Glasgow. Il formato può cambiare, ma l’intenzione di interfacciarmi con un artista rimane la stessa. Il mio approccio, forse, è più editoriale che curatoriale. Spero di non valorizzare o idolatrare gente, e spero di non “seguire” un modello, anche se ho un grande rispetto per il lavoro dei miei colleghi che sono il mio punto di riferimento e di influenza più diretto e frequente. Richard Birkett, con cui ho lavorato presso l’ICA, ha un’ etica che penso sia raro nel nostro campo: il suo impegno nel parlare con gli artisti con il loro stesso linguaggio e con un’intelligenza profonda, è stato qualcosa che ha colpito il modo in cui ho sentito che le mostre potrebbero e dovrebbero essere fatte; James Richards è un artista che ha un modo intuitivo e agile di comporre sensazioni e materiali, il suo modo sensuale di lavorare è molto stimolante; Angie Keefer è una pensatrice, scrittrice, artista che ha molti “ruoli” ma, nondimeno, una voce estremamente particolare e un approccio alla produzione del lavoro che è sempre stata la chiave per pensare ciò che è possibile; e il curatore e scrittore Fionn Meade rende il tipo di balzi tra aree apparentemente separate di scrittura, filosofia e oggetti che intensifica sempre la mia esperienza di lavoro, lasciando le cose trasformate in modo permanente. Qual è la chiave di questa questione di ruoli e modelli, tuttavia, è che il mio ruolo, qualunque esso sia, è tale solo come parte del lavoro di qualcun altro che è spesso venuto prima del mio: è importante riconoscere il mio rapporto parassitario rispetto al produttore, e attraverso questa ammissione anch’io cerco di trasformare questo rapporto in una situazione più simbiotica e di sostegno reciproco, in modo che sia possibile andare avanti insieme, abbandonando i modelli.
ATP: Quale immagine meglio rappresenta il tuo essere curatore? Perché?
I.L-Y: La mano guantata sembra Topolino. C’è anche un’aria da Pantera Rosa in questa foto.

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ATP: Mi racconti l’ultima mostra che hai visto. Qual è la tua opinione in merito?
I.L-Y: Ho appena visto la mostra Art Under Attack alla Tate Britain che ripercorre l’iconoclastia nell’arte britannica a partire dagli anni della Riforma. Il raggruppamento di materiale antico – statue rotte, pale d’altare ridipinte, e vetrate risistemate – era sconcertante. Ho trovato la collezione di monete sfigurate particolarmente entusiasmante.
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Andrew Berardini
ATP: Partiamo dall’inizio: chi sei? Come sei diventato curatore? Chi sono i tuoi modelli?
Andrew Berardini: Grandi domande. Ho iniziato come scrittore e lo sono ancora. Più o meno, tutto quello che faccio scaturisce da questo. Ho iniziato a curare come espressione dello scrivere: disporre degli oggetti in uno spazio in cui le persone si muovono è una storia, una narrazione, più simile a un gioco che a una mostra. I miei modelli sono Charles Baudelaire, Patti Smith, e Samuel Beckett.
ATP: Quale immagine meglio rappresenta il tuo essere curatore? Perché?
A.B.: Forse, io sono un po’ vecchio stile in questo. Preferisco che il curatore e il suo ruolo sia amorfo, indefinito, complicato, caleidoscopico. Sono contro la professionalizzazione del lavoro. Quindi, in un certo senso, non c’è nessuna immagine che possa catturare tutte le strane indoli e i diversi background. Preferirei definirci curatori in essere. Prediligo la diversità eccentrica che sovrasta gli austeri monoliti modernisti.
ATP: Mi racconti l’ultima mostra che hai visto. Qual è la tua opinione in merito?
A.B.: Probabilmente vedo due dozzine di mostre alla settimana. È una storia d’amore, un’ossessione, un modo modesto per guadagnarsi da vivere. Anche se l’eccellenza nello sforzo umano tende a essere rara, ogni espressione ha validità.
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Sam Korman
ATP: Partiamo dall’inizio: chi sei? Come sei diventato curatore? Chi sono i tuoi modelli?
Sam Korman: a. Il mio nome è Sam Korman e sono assistente di direzione al White Flag Project di St. Louis, Missouri.
b . Come ho fatto a diventare un curatore? Ho iniziato come artista. Solo dopo sono diventato frustrato, e ho cercato di istituire un contesto per il mio lavoro e per il lavoro dei miei amici attraverso la fondazione della Car Hole Gallery di Portland, Oregon e la curatela è diventata la mia professione. Così proprio: ho solamente chiamato me stesso curatore. Car Hole è stato aperto solo per un anno, ma è stata una lezione su come l’arte, la scrittura, le istituzioni e le idee vengano sviluppate da una comunità e come, a loro volta, esse aiutino a svilupparla. Mi ha insegnato come pensare veramente all’arte e alla necessità di un ente di avere una voce vera e, talvolta, iconoclasta. Anche se non ho raggiunto niente di tutto ciò, questo è ancora oggetto di discussione; dalla fine di Car Hole, queste cose mi hanno inscritto attivamente come curatore, e finalmente ho cominciato a pensare a me stesso come tale. Ho anche smesso di fare arte nel senso stretto della parola. Ora, ho la fortuna di lavorare per un’organizzazione che ho rispettato molto prima che diventasse il mio luogo di lavoro. White Flag crea, sicuramente, un contesto in cui la definizione di sé è ancora libera, che, in primo luogo, è ciò che mi ha portato in questo settore.
c . I miei modelli sono d.boon e Mike Watt.
ATP: Quale immagine meglio rappresenta il tuo essere curatore? Perché?
S.C.: Di recente, alle 23:00 di un lunedì notte, ero in piedi nel corridoio di un negozio a St. Louis ad aprire una bottiglia di urina di cervo fresca, perché un artista mi ha chiesto di cercare il suo profumo. Ho inalato un’enorme zaffata di esca di cervo. Era così forte che mi ha fatto vacillare lungo tutta la corsia, starnutendo e tenendomi il naso. Ho dovuto annusare parecchie volte in modo da farne una descrizione accurata! Il mio resoconto per l’artista diceva: “È moooolto forte. Come le vitamine contenute nell’urina, ma dopo 200 vitamine più l’odore di ammoniaca, senti note di erba alta e vecchia corteccia”. Al momento di uscire, ho comprato diverse mele, del pane e la piccola bottiglia contagocce di urina. ”L’arte è ciò che rende la vita più interessante rispetto l’arte”.

*
ATP: Mi racconti l’ultima mostra che hai visto. Qual è la tua opinione in merito?
S.C.: Non voglio mettermi in troppa difficoltà con questa domanda. Forse mi appello al quinto (emendamento)? Probabilmente tu non vorrai sentire troppe persone dire di qualcosa che irretisca, e io non ho intenzione di fare nomi. Vorrei dire due cose: io finisco col vedere un sacco di mostre museali nel mio istmo rurale e quelle sono state abbastanza non creative e noiose nella loro selezione e presentazione degli artisti. Non stanno correndo alcun rischio e non sono sicuro del perché – credo che questo sia così frustrante per me. Smettete di essere prudenti! I buoni artisti valgono il rischio per l’istituzione e per la carriera. Seconda cosa: l’ultima mostra che ho visto che mi ha lasciato davvero entusiasta dell’arte è stata quella di Jef Geys a Wiels. Questo artista e questa istituzione stanno facendo alcuni tra i progetti più interessanti, quindi, è stata una combinazione perfetta: intelligente, impegnativa, problematica, molto aperta, divertente. È stata un’esibizione fantastica che è stata sapientemente curata. Questa risposta è il mio modo di uscirne. E, a dire il vero, io vivo in provincia, così mi guardo un sacco di arte on-line. Non c’è contesto diverso dallo schermo del mio computer e tanta arte sembra davvero buona su Internet – forse sembra perfino fatta per questo… . Dico che israellund.tumblr.com è una mostra veramente ben curata, che amo guardare più e più volte.
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Alessandro Castiglioni
ATP: Partiamo dall’inizio: chi sei? Come sei diventato curatore? Chi sono i tuoi modelli?
Alessandro Castiglioni: Ho studiato come storico dell’arte e dal 2004 lavoro presso il Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Gallarate, noto come MAGA. Poi, nel 2009 ho iniziato a collaborare con Little Constellation, un network con sede a San Marino che si occupa di arte contemporanea nei piccoli paesi e nelle micro-aree geo-culturali d’Europa. Grazie a questa esperienza, la mia attività ha iniziato a crescere in molte istituzioni culturali, e credo che questo abbia contribuito a indirizzare il mio interesse verso l’antropologia culturale e le pratiche educative. Per quanto riguarda i miei modelli, vorrei pensare a due “mentori” che sono stati incredibilmente influenti, anche se se ne sono andati troppo presto: Antonio Caronia e Roberto Daolio .
ATP: Quale immagine meglio rappresenta il tuo essere curatore? Perché?
A.C.: In realtà, devo dire che penso alla curatela più come una pratica che come una professione. Ma si tratta di qualcosa di personale: mi vedo più come un ricercatore culturale che usa come strumento di ricerca l’attività curatoriale per indagare, discutere, esporre e mostrare alcune immagini, azioni o storie relative ad alcuni problemi reali della nostra cultura contemporanea.
ATP: Mi racconti l’ultima mostra che hai visto. Qual è la tua opinione in merito?
A.C.: Qualche giorno fa ero a La Valletta e ho visto una mostra dedicata ai giovani artisti maltesi. Questi progetti sono molto interessanti: ho l’opportunità di confrontare alcune zone o territori conosciuti come periferici con quello che solitamente vedo in città come Milano o Londra, e cerco di comprendere dinamiche come la standardizzazione dei linguaggi artistici internazionali, o le questioni legate a una sorta di isolamento culturale (per esempio le nazioni che, come Malta, non hanno scuole d’arte), e magari l’opportunità di scoprire alcuni progetti inaspettati, che, tra l’altro, penso sarà possibile vedere il prossimo gennaio in Viafarini…

26 Ottobre 2013